Al mattino si alza alle sette, dà il latte a Martina, poi sale sulla sua Jaguar e macina chilometri per raggiungere gli imprenditori che poi eventualmente decide di finanziare acquistando quote delle loro aziende. Roberta Benaglia, 34 anni, amministratore delegato di Dgpa Sgr, società di gestione del Fondo di Private Equity Dgpa Capital, si presenta con i sandali pieni di strasse tacco otto centimetri, pantaloni bianchi fasciati e cintura sul pube. Nelle aziende la ricevono con un sorriso, poi chiedono quando arriva l’ingegner Benaglia, con cui hanno appuntamento; lei sorride beata: «Sono io», dice, sapendo di lasciare tutti di stucco. «E che non si aspettano che sia così giovane… ma superato lo choc ho l’impressione di avere un vantaggio. Quello che conta è la bravura e la competenza e io sono brava e competente». «Il complimento più bello che ho ricevuto? Un imprenditore che mesi fa mi ha detto: non ho mai visto nessuno affrontare una negoziazione con quel misto di determinazione e dolcezza con cui lo ha fatto lei».

«Il nostro spiega è un mestiere complicato: bisogna avere l’intuito per capire quando un’azienda è interessante. Io sono innamorata degli imprenditori, di chi lavora per far funzionare il nostro Paese e dunque metto molta passione nel mio lavoro. Per fare un solo investimento noi vediamo un centinaio di aziende; facciamo tre investimenti l’anno e dunque dobbiamo capire quale realtà vale davvero il nostro interesse». Il fondo di cui si occupa Roberta ha chiuso a maggio l’ultima tranche di raccolta a 106 milioni di euro; lei ne è socia, insieme a quattro colleghi maschi, ed ha partecipato al capitale con 200 mila euro.

Ma prima di arrivare sull’ultima trincea del sistema finanziario, la signora si è laureata in ingegneria al Politecnico di Milano con il massimo dei voti e la lode. Nata a Rho, il padre commercialista, la mamma casalinga, una sorella maggiore, ha fatto il liceo scientifico e intanto sognava un futuro da manager. «Ero molto brava nelle materie scientifiche e mi piaceva l’idea di fare una cosa difficile. Così, invece che economia, ho scelto ingegneria gestionale. Sono un’Ariete e forse per questo ho una testa durissima: in me più che il talento, c’è la determinazione». Chi dice che la meritocrazia è una sciocchezza, ignora che gli studenti con le performance migliori vengono convocati prima ancora di finire gli studi: Roberta riceve la chiamata da Borsa Italiana, da Morgan Stanley e da un’importante società di revisione. Comincia alla Borsa perché Massimo Capuano, che è un ingegnere, voleva qualcuno che avesse la sua stessa preparazione e lei rimane affascinata dall’ambiente: era l’unica donna tra i Capuano’s boys, aveva 25 anni, la new economy sembrava aprire orizzonti infiniti, il suo lavoro era di preparare i dossier per la quotazione di trenta società.

In Borsa Roberta trova anche l’amore: si sposa con un collega e però poi anche per questo cerca altri approdi. Sono arrivati gli anni del boom del venture capital e del private equity: lei pensa che passare dall’altra parte è una buona idea; lascia il ruolo istituzionale e passa dalla parte delle aziende. È Marco Benatti a offrirle un posto nel suo Onetone Consulting, dove Roberta rimane tre anni. Finché passa in Dgpa. Va e su e giù per le aziende anche quando aspetta Martina, nata nel 2006: «Questa dice è la mia vita parallela». Difficile? «No. Io mi considero molto fortunata perché faccio il lavoro ideale, quello che unisce tutti gli aspetti che mi interessano, dall’analisi dei dati allo sguardo d’insieme e dall’alto sulle aziende, fino ai rapporti umani con persone di valore». Dice di essere una donna stremata, sì, ma felice: «Alla sera arrivo a casa sfinita, ma sono così contenta che ho ancora voglia di giocare con Martina. Da ragazzina ho fatto tutti gli sport, ma adessol’unico sport che pratico è quello di mamma». (Cinzia Sasso su Repubblica.it)